Quando la scrittura diventa più di un mestiere
Una lunga intervista ad Antonella Cilento è stata pubblicata pochi giorni fa dal Blog "Sul Romanzo". Questo l'inizio. L'intervista completa qui.
Antonella Cilento è riuscita a trasformare la sua più grande passione in un lavoro e non si è fermata, è andata oltre facendola diventare una sorta di missione. Alla scrittura narrativa (a marzo 2014 uscirà il suo nuovo romanzo, Urgenti notizie della notte, pubblicato da Mondadori) e teatrale, affianca la produzione saggistica e manualistica (ancora nel 2014 è prevista l’uscita del Bestiario napoletano per i tipi di Laterza). In tutte le sue opere comunque, siano esse a carattere letterario o divulgativo, imprime il marchio della sua conoscenza e peculiarità: una grande passione per la parola scritta, foriera di cultura e dottrina, un grande rispetto per l’arte in tutte le sue forme e una grandissima voglia di continuare a crescere, culturalmente parlando.
Dalla sua caparbia determinazione nasce, nel 1993, Lalineascritta, una delle più antiche scuole di scrittura italiane, che organizza, sempre con la supervisione e partecipazione attiva della stessa Cilento, corsi annuali, stage residenziali in varie località italiane, corsi di formazione per aspiranti scrittori, per studenti e per docenti, incontri con scrittori, poeti ed editor, corsi di formazione online, convegni, rassegne d’autore e incontri di lettura. Vent’anni di frenetica e instancabile attività che deve per forza di cose aver lasciato il segno.
Passare dalla scrittura per sé alla narrazione. Quanto difficile trovi questo passaggio?
Il passaggio è naturale se si è predisposti a scrivere, ovvero se si usa la scrittura come strumento di trasfigurazione: allora hai bisogno di comunicare con altri a un livello che l’oralità non può risolvere. In altre parole, tutti scriviamo per essere letti, ma una gran parte delle persone, per timore di esporsi, di sentirsi giudicati o di giudicarsi, si accontenta di scrivere solo per sé. L’aspirazione è in tutti; non tutti riescono poiché è un’operazione che richiede impegno, continuità, nudità e insieme controllo. Personalmente ho sempre tenuto ben distinte e attive queste due parti della creazione: scrivo per me tutti i giorni sin da bambina, quaderni su quaderni, dove non ho affatto l’obiettivo di costruire un racconto, una storia, ma solo di appuntare sogni, pensieri, elenchi di cose, situazioni cui assisto, esercizi che svolgo con gli allievi durante le lezioni o che svolgo come autodisciplina tutti i giorni, per mio conto. Quaderni arruffati, disegnati, istoriati in certi casi… Poi, da lì, ogni tanto, quando un’idea è veramente pronta, parto per la scrittura narrativa, quella che andrà al pubblico. Per un lungo periodo l’idea buona viene coltivata sugli stessi quaderni, insieme al concime e alle erbacce e poi, a un certo punto, quando il quaderno è saturo, inizio a riportarla sul computer, ma continuo a lavorarla sia a mano sia sul pc. Quindi so sempre quando scrivo per me, faccio lallazioni, come i neonati che imparano a parlare, rilasso lo strumento e quando, invece, faccio partire la storia che poi, arrivata a un certo peso, invade tutto, ingloba tutto, mi schiavizza e, finché non è finita, mi impedisce anche solo di bere un tè senza che anche quella bevanda finisca nel romanzo: una specie di filiera industriale, una macchina da guerra che valuta ogni frammento di vissuto per vedere se è utile o meno alla costruzione che sto edificando.... leggi l'intervista completa su Sulromanzo.it.