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Neronapoletano: la critica

Le felici pagine dove Napoli appare assordante e maligna sono quelle in cui Elide smarrisce il senso del proprio percorso, anche per l'irruzione improvvisa di un passato che devia il presente dal suo corso naturale. E' un noir atipico, dove i morti chiedono di essere riconosciuti dai vivi e per farlo si aggirano nelle strade e nei luoghi bui della città, che diventa loro complice.

Davide Morganti, La Repubblica

Un noir atipico, quello di Antonella Cilento, nel quale non vi sono delitti (se non quelli causati da una congiura del Settecento) e abbondano invece i riferimenti colti che vanno da Basile a Vico e a Campanella. (...) l'autrice [è] interessata piuttosto a creare un personaggio femminile di un certo spessore letterario e umano, inserendolo in un ambiente - quello napoletano - reso con indubbia efficacia (non senza una intelligente utilizzazione del dialetto).

Felice Piemontese, Il Mattino

Una sorta di "apritisesamo" scorta Antonella Cilento, un misterioso carillon di sillabe, "Medinaceli": "Medinaceli era all'inizio solo una parola che vagava dentro una pagina di Anna Maria Ortese". Elide, l'anima fiabesca di Neronapoletano, testimonia "L'Oro" di Napoli, come lo fa brillare l'Ortese.

Bruno Quaranta, La Stampa

Divertente, colto e sentimentale, il quarto romanzo Neronapoletano della poco più che trentenne Antonella Cilento. (...) Il pregio maggiore del romanzo, godibile tutto, sta nell'intreccio tra un presente napoletano, ovvero "neronapoletano", colto in tutte le sue sfaccettature sociologiche e psicologiche e un passato nel quale la città di oggi ritrova una sorprendente continuità.

Diego Zandei, La Gazzetta del Mezzogiorno

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