antonella cilento

Lisario o il piacere infinito delle donne: la critica

...una bellissima storia barocca di apparenze e d'imbrogli, di fiabesche avventure e picaresche complicazioni. (...)
Cilento esprime qui al massimo grado la felicità che ne ha caratterizzato l'opera tutte le volte che si è messa a trafficare con la storia. (...)
In definitiva: un libro assolutamente da leggere. Malizioso, divertente e "filosofico" (di una inedita filosofia libertina al femminile) come pochi.
Francesco Durante, Corriere del Mezzogiorno
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Un romanzo poderoso, strutturato in modo impeccabile, con una bella ricostruzione della Napoli barocca.
Giudizio: Irrinunciabile
Valeria Parrella, Grazia
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Una Napoli epica e puzzolente, sapiente e miserabile, lazzara e fatata, pulsa come materia viva tra le pagine di Lisario (...), capace com'è di di evocare antiche cronache e dispiegare la ricchezza abbagliante del barocco napoletano.
(...)L'impianto estroso e fantastico della storia fa risaltare il gusto del bizzarro come strumento privilegiato per aprire la strada al sogno, all'ignoto e alla coscienza umana. E in queste pagine, realmente "la vita è sogno", o anche osservazione rabelaisiana di caratteri e corpi. E mirabolante "cunto" scritto con tutti i cinque sensi.
(...)Ma Lisario è soprattutto racconto di Napoli, città mondo a forma di romanzo, e dei suoi aspetti immutati.
Titti Marrone, Il Mattino
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Che lo spirito di tutti gli antichi scrivani e amanuensi aiutino Antonella Cilento a vincere il Premio Strega. Un libro così ben scritto (...) ha il sapore di un libro antico, ottocentesco, con le pagine spinte dal vento delle storie. Non di una storia soltanto ma si più storie che si intersecano come trame di un tappeto.
Giovanna Giordano, La Sicilia
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E' una performance per molti aspetti straordinaria quella compiuta da Antonella Cilento con Lisario  (...). SI è trattato infatti di immergersi anima e corpo nella Napoli del Seicento (...), inventandosi una lingua e situazioni narrative che fossero plausibili, ma con sensibilità del tutto moderna, e senza che si creassero contraddizioni e anacronismi. (...)
Un trionfo del romanzesco, insomma, e del piacere di raccontare, utilizzando una lingua ricca, baroccheggiante ma senza fastidiosi eccessi, e a cui danno sapore i frequenti inserti dialettali.
Felice Piemontese, L'Unità
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Ho iniziato a leggere Lisario o il piacere infinito delle donne (Mondadori) con il maggior numero di pregiudizi
possibili(...) Ho aperto il libro di Antonella Cilento in treno, deciso a concederle solo una manciata di righe (...) Più che un regalo per il viaggio mi sembrava un dispetto. Le prime cinque righe sono diventate dieci. Poi venti. Poi venti pagine. Ed ecco, tutti i miei pregiudizi e, dopo la candidatura allo Strega, tutta la mia invidia (...) costretti a venire a patti con una scrittura straordinaria (...)
Se il filo rosso di Lisario è l'impotente e vana ricerca, da parte di un uomo, della natura del piacere femminile,
un po' come la ricerca del Santo Graal, altrettanto vana sarà la ricerca del vanaglorioso lettore che, vittima
dei suoi pregiudizi, dovesse affannarsi a cercare una caduta di stile nella scrittura della Cilento.
Marco Cubeddu, Il Giornale
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Antonella Cilento è una sicura, intonatissima allieva di don Miguel [de Cervantes], anche nella nuova fabula (Lisario o il piacere infinito delle donne), richiamando alla memoria l'ormai lontano, "esemplare" esordio: Una lunga notte, attraversata con il ceroplasta Zummo.
(...) Di liaison in liaison, di eco in eco. Inchinatisi a Cervantes, a baluginare è un ulteriore nobile della penna, Tommaso Landolfi, giocoliere qual è della lingua, non lo si può non evocare veleggiando nella prosa mai vacuamente aulica o classica di Antonella Cilento.
(...) Il barocco arcolaio di Antonella Cilento. Un crogiuolo di metafore (...), di elenchi (...), di maschere plebee (...), di suore senza tempo... Smisuratamente, perversamente, verginalmente Napoli. Napoli mille e una...
Bruno Quaranta, Tuttolibri / La Stampa
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Con precisione e ritmo narrativo mutuato da dai romanzi picareschi, la Cilento restituisce umori che sanno di tufo e carne di una Napoli babelica, inferno gioioso, indomabile come le tumultuanti folle di Micco Spadaro che esplodono in un caos che che danza tra splendide ricchezze a un passo da rigagnoli putrescenti.
Giuseppe Amoroso, Roma
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...dietro il gusto per la bizzarria, dietro gli ori e i velluti preziosi e la paccottiglia kitsch esoticheggiante si cela un sentimento della realtà. In che senso? La realtà si rivela nel barocco come qualcosa di metamorfico e di cangiante, in cui ogni cosa può diventare un'altra cosa (...) E tutto ciò ha a che vedere con Napoli, di cui il barocco è allegoria: una città porosa e inafferrabile, dove il degrado può improvvisamente ribaltarsi in una vitalità non distruttiva, e la disperazione mostrare una promessa originaria di solare felicità,
Filippo La Porta, Left
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...vicende lineari o tortuose, limpide od opache, insinuantio esplicite compongono una straripante mappa della Napoli secentesca, brulicante di vite terragne e tenere e tumultuose, feroce di colori e ripiegata su chiaroscuri che non vogliono alludere ma semplicemente rappresentare i contrasti di quel mondo "di tradimenti e di congiure".
Pier Luigi Razzano, La Repubblica
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(...) una narrazione gradevole, di buon ritmo narrativo, il cui tratto avventuroso-picaresco si muove all'insegna della circolarità;di un girotondo narrativo che mette in campo una forte vitalistica fisicità, una sensualità ora vergognosa e catramosa, ora sfolgorante, e ora anche tenera, resa con efficacia da una scrittura che gioca anche linguisticamente con la mimesi del barocco. (...)
E se è facile pensare per Lisario muta alla Marianna Ucrìa della Maraini, assai più pregnante è il richiamo a La muta, il magistrale racconto di Tommaso Landolfi.
Ermanno Paccagnini, La Lettura / Corriere della sera
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Il romanzo di Antonella Cilento è un appassionato viaggio per geografie fisiche e sociali, dalla Napoli della piazza di Micco Spadaro e dei profili caravaggeschi, dei teatri anatomici che rimandano a a immutati scenari antropologici dove la città seicentesca consegna intatte metafore a quella del 2014.
Generoso Picone, Il Mattino
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Le prime cento pagine sono straordinariamente serrate intorno a questo legame, a visioni, fantasie, danni che produce, perimetrati con il rigore ossessivo di una scrittura sontuosa e immaginifica.
Renato Minore, il Messaggero
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